L’organo della chiesa dell’Immacolata, un antico gioiello del ‘700

A Cura di Simona Buongiardino, Alessandro Buongiardino e Nicholas Beatrice

Nella chiesa dedicata all’Immacolata di Fontanarosa abbiamo un piccolo gioiello del cui valore, storico ed artistico, pochi sono consapevoli. Si tratta di un organo risalente al 1771, realizzato dell’organaro napoletano Domenico Antonio Rossi. Il primo restauro del prestigioso strumento, avvenne solo nel 1997 ad opera dei fratelli Continiello.

Un’altra opera di Domenico Antonio Rossi è presente nella Basilica dell’Incoronata Madre del Buon Consiglio a Capodimonte (Napoli), datato 1769 e, dunque, successivo all’organo presente nella chiesa di Fontanarosa.

L’intera Italia meridionale è un luogo, in buona parte, ancora da scoprire, studiare e valorizzare sia per quanto riguarda il censimento degli organi antichi esistenti, sia per quanto attiene la ricerca documentaria.

I frequenti terremoti, e l’incuria umana, hanno devastato il patrimonio organario, sicché non sono numerosi gli organi risalenti al periodo rinascimentale e la maggior parte degli strumenti delle chiese nell’Italia meridionale risale al XVIII e al XIX secolo.

Gli organari operanti a Napoli sono seguiti, generalmente, anche dagli artigiani locali. Questo spiega spiega perché prevale un unico tipo di organo “positivo” di 4 piedi, con tastiera di 45 tasti, dotato di 7 o 9 registri (Principale, Ripieno a file separate, Tiratutti, Voce Umana e un Flauto in ottava o duodecima), con somiere a tiro, con i mantici collocati nel basamento, racchiuso in cassa normalmente arricchita da intagli e dorature, munita di sportelli.

L’intonazione delle canne è sempre viva, a piena aria, con anime senza denti, con misure e proporzioni di eredità rinascimentale. Le bocche sono generalmente poste sotto il crivello, costruito di pioppo o altro legno tenero. Occasionali sono accessori come usignoli, tremolo e bordoni di zampogna.

[1]La documentazione d’archivio finora esplorata rivela un’attività organaria a Napoli collegata alla corte fin dalla prima metà del secolo XV, talvolta collegata ad artigiani stranieri.

Durante il Seicento operarono Pietro e Martino De Franco, Pietro De Biase e i figli Carmine e Giuseppe, Girolamo D’Amato, Giacomo e Francesco Tondo, Vincenzo Miraglia, Carlo Sicola, Andrea e Giovanni Domenico Riccio, Giovanni Schibone, Filippo Pellegrino (+ 1669), Giov. Gualberto Ferreri (+ 1689), Giov. Maria Guglielmi, Giulio Cesare Molinaro (+ 1656), Crisostomo Noci, Benedetto Lapi, Aniello Mazza. Nel Settecento vissero Andrea Basso (doc. 1659 – 1742) e i Menna: Pietro Paolo, il figlio Donato Antonio e il figlio di questi Stefano (+ 1747), i De Martino: Giuseppe e i figli Giovanni Domenico-e Tommaso (doc. 1726 – 1750), i Cimmino: Felice e i discendenti Fabrizio (doc. 1734 – 1768), Francesco (doc. 1774 – 1784), Antonio (doc. 1795 – 1801)e infine Alessandro (attestato nel 1854). In pieno Settecento risulta attivissimo Domenico Antonio Rossi (doc. 1761 – 1789) con il figlio Francesco Saverio (+ 1795).


[1] http://www.nicolaferroni.com/blog/2009/01/21/la-tradizione-organaria-italiana-storia/9/

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